giovedì 9 marzo 2017

SENZA MEMORIA E SENZA DESIDERIO 7


Rob Gonsalves, The Sun Sets Sail. 

Luis Buñuel e Salvador Dalì, Un chien andaluz.



Amanda Lear-Salvador Dalì-Gala Dalì


“L’ombra prepara lo sguardo alla luce. L’ombra tempera e porge all’occhio oscurato dall’anima affamata e assetata le immagini che rivelano le cose. allora osserva attentamente quelle ombre che non si estinguono, ma conservano e custodiscono in noi la luce, e per mezzo delle quali siamo innalzati e condotti all’intelletto e alla memoria”. (Giordano Bruno, De umbris idearum).



Salvador Dalì alla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando a Madrid.

Salvador Dalì - Tarjeta de estudiante

Salvador Dalì e la sorella Ana Maria nel 1925, The Salvador Dalì Gallery.

Salvador Dalì, Gala appoggiata alla finestra, 1963.


Gala inseguiva i suoi fantasmi e sfuggiva dai suoi incubi, credeva di poter realizzare questo suo disegno diventando la donna di Dalì e concedendosi a tutti gli uomini che le piacevano; ha avuto una vita agiata, ha avuto tutto il sesso che voleva, ma questo non vuol dire né che sia stata appagata, né che sia stata felice.
Salvador Dalì era un tipo strano persino a Parigi, persino nell’ambito artistico più stravagante di tutti i tempi, persino nell’ambiente surrealista che non mancava certo di individui eccentrici, i suoi amici più intimi giurano che fosse vergine prima di conoscere Gala, ciò vuol dire che era vergine a 25 anni, anzi sono certi che Salvador fosse un “asessuato”, uno cioè poco o niente interessato al sesso.
Gli è stata attribuita una relazione omosessuale col poeta e drammaturgo Federico García Lorca, e in effetti ciò che è rimasto della loro corrispondenza (tutte le lettere che Salvador inviò a Federico, mentre di quelle che Federico inviò a Salvador molte sono state distrutte dalla sorella Aña Maria per preservare l’onore del fratello e dalla moglie Gala, dicono perché fosse gelosa di quel rapporto, che comunque era stato prima che lei conoscesse Dalì) farebbe pensare a qualcosa di più di una semplice amicizia, anche se è difficile dire cosa.
Certo, Federico che era più grande di sei anni, aveva il timido Salvador sotto la sua ala protettiva a Madrid presso la  Residencìa de Estudiantes, in cui teneva uno dei salotti letterari più prestigiosi di tutta la città, e lo aveva introdotto presso tutti i circoli culturali della città presentandogli molti esponenti delle avanguardie artistiche presenti in quella città, come Luis Buñuel, Eugenio Montes, Pedro Garfias e Pepin Bello.
Certo i due amici si vedevano tutte le volte che era possibile e trascorrevano molto tempo insieme, ospiti l’uno a casa dell’altro, come se fossero di famiglia; certo Federico intratteneva rapporti epistolari con la sorella di Salvador Aña Maria e col padre, il notaio Salvador Dalì i Cusí, certo nell’intestazione delle lettere che si inviavano si definivano “querido Lorquito” e “querido Salvador”, certo si scrivevano cose come: ““Federiquito, nel tuo libro ho visto te, la bestiolina che sei, bestiolina erotica, con il tuo sesso e i piccoli occhi del tuo corpo…il tuo alluce in stretta corrispondenza col tuo p…” oppure:” "Tú eres una borrasca cristiana y necesitas de mi paganismo (...) Yo iré a buscarte para hacerte una cara de mar. Será invierno y encenderemos lumbre. Las pobres bestias estarán ateridas. Tú te acordarás que eres inventor y viviremos juntos con una máquina de retratar", certo Federico gli dedicò addirittura un’ode di raffinata composizione, ma tutto questo non ci giustifica nel supporre una relazione omosessuale fra i due.
Garcia Lorca non parlò mai apertamente della natura della relazione fra lui e Dalì, quest’ultimo invece fu meno riservato e a Max Aub confessò che:  "Federico, como todo el mundo sabe, estaba muy enamorado de mí, y probó a darme por el culo dos veces, pero como yo no soy maricón y me hacía un daño terrible, pues lo cancelé en seguida y se quedó en una cosa puramente platónica y en admiración".







Insomma, pare che Federico abbia tentato di “violentare” Salvador, e non era neanche la prima volta, quest’ultimo si era già in precedenza negato, colpiscono in questo scarno resoconto del culmine di un’amicizia due particolari: il primo è che il desiderio sembra risiedere solo in Garcia Lorca, in Dalì non c’è nemmeno l’ombra di desiderio carnale per l’amico, sembra piuttosto dispiaciuto di non poterlo soddisfare, come scriverà in una lettera pubblicata su El Pais nel 1986 in risposta allo storico Ian Gibson, accusato dal Dalì di trattare l’amicizia fra lui e Garcia lorca “como si fuera "una azucarada novela rosa”, in quell’occasione definirà il suo rapporto col grande poeta come: “"un amor erótico y trágico, por el hecho de no poderlo compartir".
Il secondo è che Salvador recede dal rapporto, che pure vorrebbe concedere a Federico, perché dice di non essere omosessuale e perché quel tipo di rapporto gli faceva un male terribile, solo che egli non usa il termine “homosexual” per definire il suo amico, ma il termine dispregiativo “maricón”, che equivale a dire “frocio”, “ricchione”.
Se state cercando di capire quali sentimenti provasse Salvador Dalì per Federico Garcia Lorca, state perdendo il vostro tempo, perché in questo caso lui o cerca di assecondare l’amico, pur non desiderandolo, oppure lo rifiuta perché non è “frocio” come lui e perché gli fa male, ma non abbiamo la minima idea del legame che lo lega a quell’altro, il perché sono considerati da tutti grandi amici e forse molto di più.
Da parte di Dalì doveva esserci un’ambivalenza estrema nei confronti di Federico, ad ondate di affetto dovevano seguire ondate di aggressività e di ferocia, solo così si spiega la sua reazione quando gli comunicarono che il suo amico era stato fucilato nei dintorni di Granada, Salvador si limitò ad esclamare semplicemente: “Olè!”, la stessa incitazione che si fa al toro che sta andando al macello nell’arena.
Più tardi Dalì provò a dare un’immagine meno cinica di quel gesto, dicendo che quello era in realtà un omaggio che gli rendeva, che quel grido era un grido di dolore proveniente dal cante jondo, uno stile vocale e profondo del flamenco che lo stesso Garcia Lorca aveva usato nella sua poetica, tanto da intitolare con Poema del Cante Jondo una sua raccolta di poesie del 1921... ma il cante jondo non avrebbe usato l'esclamazione "olé" per rendere omaggio ad un amico morto, ma l' "ahiii", il grido di dolore che viene ripetuto nel cante flamenco.








Sarà, intanto la loro amicizia si era raffreddata quando Salvador Dalì nel 1929 collaborò con Luis Buñuel alla realizzazione del film Un Chien Andalou, Federico si sentì ridicolizzato dall’amico e finì col credere che in realtà il “cane andaluso” fosse proprio lui che era nato a Granada; infine, nel 1951 Gala e Dalì accettano la proposta del dittatore spagnolo Franco affinché rientrassero in Spagna per dar lustro alla patria d’origine del pittore, è l’unico artista spagnolo che accetta di trasformarsi in una sorta di artista del regime, Picasso ad esempio rifiuterà nettamente, al di la di ogni altra considerazione, è impensabile per un uomo accettare qualsiasi proposta provenga dal regime responsabile di aver fatto fucilare il tuo più caro amico e di aver gettato la Spagna nella guerra civile.
Picasso, al contrario, denuncerà la ferocia del regime di Franco con Guernica, raffigurando tutta l’assurdità e l’atrocità di alcuni spagnoli che per raggiungere il potere permettono che aerei tedeschi e italiani bombardino e sterminino il piccolo e pacifico villaggio di Guernica per piegare definitivamente ogni resistenza.
Qualche luce su come fosse fatto Dalì riguardo al desiderio la getta una confessione che egli stesso ci regala nel suo diario La mia vita segreta, riassumo perché citarlo per intero sarebbe troppo lungo: da ragazzino, alle prese con i primi risvegli della sessualità, Salvador si eccita guardando una giovane contadina che raccoglie fiori di tiglio in cima ad una scala, in particolare si eccita a guardarle il seno prorompente che emerge di più per i movimenti che la donna è costretta a fare nella raccolta e per il punto di osservazione di Salvador dal basso verso l’alto.
Il desiderio di accarezzare quel seno è appena sfiorato, evanescente, sfuma immediatamente dopo essere sorto, per lasciare spazio ad un rituale sessuale molto più contorto, non è più Salvador che desidera il seno della donna, ma la sua “gruccia” (che egli trattava alla stregua di una spada-talismano) che deve essere purificata attraverso il contatto col seno di quella donna.
Qualche giorno prima egli era stato morbosamente attratto dalla carcassa di un riccio già aggredita al suo interno da vermi e formiche, ma l’attrazione che questa carcassa esercitava su di lui non supera il ribrezzo, decide così di dar sfogo alla sua curiosità toccando il riccio attraverso la sua gruccia, che già era diventata per lui una sorta di scettro del potere e un potente talismano, insieme ad una corona finta e ad una stola di ermellino: con la stola sulle spalle, la corona in testa, la gruccia in mano e completamente nudo egli si ritiene praticamente perfetto ed irresistibilmente bello e attraente.




Salvador Dalì e Federico Garcia Lorca

Salvador Dalì e Gala, 1959


La gruccia contaminatasi sulla carcassa del riccio andava purificata accarezzando il seno della donna, che a sua volta era il più perfetto fra le raccoglitrici di fiori di tiglio, ma non poteva certo sfregare la sua gruccia sul seno della donna direttamente, quindi architetta un complesso rituale per cui getta un suo giocattolo su un albero vicino alla finestra del fienile, fa in modo di complicarne la ripresa buttando sopra quei rami i lunghi rampicanti delle rose selvatiche e della vite vergine, poi le chiede se può prendergli il suo oggetto e restituirglielo.
Nel frattempo egli si pone completamente nudo, con la stola di ermellino sulle spalle, la corona in testa e la gruccia in mano dentro il fienile, dove può osservare da una finestra il corpo della donna che si agita nel tentativo di riprendere l’oggetto, visibile eccetto la testa e i piedi, per fortuna il seno era perfettamente inquadrato.
Indi, al culmine dell’eccitazione per i movimenti frenetici della donna, agita altrettanto freneticamente in aria la sua gruccia, che va a perforare alcuni meloni che erano stati appesi al soffitto con una corda perché si maturassero,
“E intanto tenevo gli occhi fissi sul petto della donna, sempre intenta a lottare contro i nodi gordiani del mio diabolo. Non potevo vedere chiaramente i suoi seni, ma quella massa confusa, in controluce, esasperava ancor più la mia insoddisfatta libidine, e per appagar meglio la mia voglia impressi un ritmo particolare alla gruccia. Quasi subito il succo del melone prese a gocciolare su di me, pianissimo prima, poi in abbondanti rivoli appiccicosi; mi posizionai così da avere il volto proprio al di sotto del frutto, e sporsi la lingua, arida di sete e di desiderio, a raccogliere il liquido dolcissimo, ma ravvivato da un afrore di ammoniaca. La mia sete divenne furiosa, e mentre il mio sguardo passava, instancabile, dal melone alla finestra, dalla finestra al melone, e ancora e ancora, in un delirio che mi toglieva interamente il controllo dei gesti e dei movimenti, affondavo duramente la gruccia nella carne stillante per strappare succo e vita dalla profondità dei suoi intestini. Melone, finestra, finestra, melone! Ormai i miei movimenti erano così isterici e furenti che il melone si staccò dal suo sostegno, e mi cadde sulla testa proprio quando la bellissima raccoglitrice, essendo riuscita a districare il mio diabolo, cominciava a scendere la scala”. (Salvador Dalì, La mia vita segreta, Abscondita Editore, Milano, 2006, p. 83-84).
Ancora due pennellate e concludo col desiderio di Salvador Dalì e consorte, voglio che sia chiaro qui che non sto esaminando il loro legame di coppia, che è molto più complesso dei pochi accenni incrociati che sto scrivendo io, uso semplicemente qualcosa della vita del pittore e della sua donna per parlarvi del desiderio, e uso il culo perché esso suscita un tipo particolare di desiderio, il desiderio proibito, il brivido di infrangere un tabù.


Renato Guttuso, Donna alla finestra, 1942.

Salvador Dalì, Federico Garcia Lorca et altri, Cadaques.

Edvard Munch, Ragazza che guarda fuori dalla finestra, 1893.

Edvard Munch, Bacio alla finestra, 1892.

Edvard Munch, Mattino, 1884.

Ci si sono messe insieme le tre grandi religioni monoteistiche a stigmatizzare la naturale attrazione per questa parte del corpo, a renderla non solo peccato mortale, ma addirittura a considerarla abominio, crimine orrendo, gesto contro-natura; è talmente radicata questa condanna da appartenere anche a chi vi si ribella, questi infatti coglie un plus-godere che la proibizione aggiunge a queste pratiche … i monoteismi hanno reso più appetibile tutto ciò che hanno tentato di contrastare e hanno reso gli uomini o ipocriti o frustrati e complessati.
Dalì era particolarmente attratto dal culo, addirittura ossessionato, quando gli chiesero come immaginasse l’universo rispose: “Un continuum a quattro natiche”, creò nel 1951 a New York la famosa opera In Voluptas Mors, con Philippe Halsman e la collaborazione di sette ragazze che è un trionfo del culo.
L’attrice argentina Susana Romero raccontò una volta in un’intervista: ''Tengo una anécdota maravillosa con Salvador Dalí. Me habían convocado al hotel Ritz de París porque había un pintor famoso que necesitaba una modelo para hacer una pintura con el desnudo de la parte de atrás. Subí a la suite y lo vi a Dalí con su bastón famoso y a Gala sentada con las piernas apoyadas sobre el escritorio. Salvador estaba eligiendo a su modelo y me dijo: 'Necesito una mujer. A ver, date una vuelta. Porque con Gala ya no puedo contar más, tiene el culo muy grande'. Me puse de espalda y me miró. Él quería cintura chica y cadera grande. Siempre la pintaba a Gala y me dijo: 'No va a poder ser, niña, ¡porque yo necesito un culo así de grande!'. Yo era más bien menudita y no me dio el tamaño. Pero no me importó no haber quedado porque lo mejor que me quedó fue haberlo podido conocer a Dalí''.
Il pittore voleva dipingere un culo, quello di Gala (che era li presente) era ormai diventato troppo grande, il suo invece, dopo essere stato ammirato per tutto il tempo sufficiente per la sofferta decisione, fu invece scartato perché ritenuto troppo piccolo; quello giusto in quel periodo della sua vita era quello della cantante Amanda Lear, che allora viveva praticamente con la coppia Dalì, tanto che la chiamavano Amandalì.
Lei disse che con Salvador erano amanti, noi non lo sappiamo, perché Dalì ha sempre affermato che Gala era la sua unica donna e che aveva fatto l’amore solo con lei, e poi Amanda in quell’epoca era in cerca di notorietà, voleva stupire, intrigare, era stata lei stessa ad alimentare il fascino dell’ambiguità suscitata dalla sua voce roca e dalle sue forme vagamente mascoline.


Edward Hopper, Morning Sun., 


James Stewart in La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, 1954.

Friedrich Caspar David, Donna alla finestra.



La cantante non perdeva una festa, né un’occasione per farsi fotografare con persone famose: i Rolling Stones, Andy Warhol, Sylvester Stallone, Julio Iglesias, Brian Jones, David Bowie, Brian Ferry … e calcava la mano sulla sua androginia, lasciando nel mistero la sua nascita (luogo, anno), chi fossero i suoi veri genitori, e contraddicendo continuamente le versioni da lei stessa fornite in precedenza, mentre uscivano voci incontrollate sul fatto che fosse nata uomo e non donna, a Saigon, col nome di Alain Maurice Louis René Tap, qualcuno ha esibito persino un documento di Amanda/Alain con una foto di una somiglianza straordinaria, soprattutto negli occhi.
Fatto sta che, maschio o femmina che fosse Amanda Lear, verità o propaganda, femmina al 100% o nata maschio con un passaggio a Casablanca per correggere gli errori della natura, Salvador Dalì era attratto da donne sensuali con qualcosa di mascolino: di questo tipo era certamente Gala, o la stessa Amanda, ed anche Susana Romero, la modella di cui Dalì voleva dipingere il culo ha qualcosa di maschile nei suoi lineamenti.
Ma il punto in cui il desiderio di Dalì si trova più allo scoperto, al limite del disvelamento e della catastrofe personale, è in due suoi dipinti e nella vicenda umana ad essi sottesa: uno è la Muchacha en la ventana, del 1925 e l’altro è Joven virgen autosodomizada por los cuernos de su propia castidad, del 1954.
Nel primo Salvador a 21 anni dipinge la giovanissima sorella Aña Maria che di anni ne ha 17, la ragazza è teneramente appoggiata sui gomiti alla balaustra della finestra della casa al mare dei Dalì a Cadaques, è vista di spalle e il suo volto non è visibile.
La finestra ha infiniti significati simbolici come confine e separazione permeabile fra due mondi: quello familiare e quello esterno, la sicurezza e il pericolo e l’avventura, il finito e l’infinito, il conosciuto e l’ignoto; la finestra è anche fonte di luce, che illumina gesti ed emozioni, ed anche la serena quotidianità o un drammatico momento culminante come nelle tele di Veermer o di Caravaggio.


Jan van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434.

Jan van Eyck, Ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434 (dettaglio).

Grace Kelly in La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, 1954.

India Phillips osserva La figura di profilo - Ritratto della sorella Ana Maria di Salvador Dalì

Ci si affaccia ad una finestra per vedere o per essere visti, un gesto che la nostra cultura interpreta sempre come profondamente impudico, ai limiti dell’osceno, se pensiamo che è dalla finestra che passano gli amori proibiti e immorali di Tristano ed Isotta, o di Romeo e Giulietta, dalle finestre fuggono gli amanti clandestini… “Deh, vieni alla finestra, o mio tesoro,/Deh, vieni a consolar il pianto mio./Se neghi a me di dar qualche ristoro,/Davanti agli occhi tuoi morir vogl’io!/Tu ch’hai la bocca dolce più del miele,/Tu che il zucchero porti in mezzo al core!/Non esser, gioia mia, con me crudele!/Lasciati almen veder, mio bell’amore!”, canta il Don Giovanni di Mozart (https://www.youtube.com/watch?v=wDPcab-gcYs) (Lorenzo da Ponte, Don Giovanni, 1787, atto II, Scena Terza).
 Sporgendosi da una finestra al primo piano, le “carampane” veneziane, le prostitute di Ca’ Rampani, quelle del Ponte delle Tette, vicino alla Chiesa di san Cassiano, quelle delle Fondamenta del Buso, nei pressi di Rialto, quelle della Giudecca, e persino quelle di San Tomà, anche se il Ponte della Donna Onesta farebbe pensare il contrario (in realtà si trattava di una prostituta che pagava tutte la tasse cittadine, un’eccezione evidentemente), mostravano il seno e il resto della “merce” ai possibili clienti, sollecitate a questo anche dal Governo della Serenissima, che voleva così ingenuamente contrastare la “sodomia”, la diffusissima prostituzione maschile, considerata a quell’epoca un abominio.
La finestra può essere anche la muta testimone di languidi sospiri, di tenere speranze, di baci rubati e di illecite carezze o un riverbero del mondo esterno sul mondo interno che si accendono della stessa luce (come nei quadri di Edvard Munch Bacio con la finestra del 1892 o La ragazza che guarda fuori dalla finestra del 1893 o Mattino del 1884).
O il punto di osservazione per morbose curiosità (la curiosità è sempre morbosa, perché ha come obiettivo occulto quello di penetrare nell’intimità dell’altro, sia che questo lo consenta oppure no), come nel film di Alfred Hitchcock La finestra sul cortile, o il modo più rapido per uscire da se stessi senza ricorrere alla meditazione, alla trance sciamanica, alla fuga nella follia,  o all’uso di sostanze inebrianti e stupefacenti.
O per far risplendere la felicità, la serenità e l’opulenza in un fantasmagorico gioco di specchi, di riflessi e di rimandi come ne Il ritratto dei coniugi Arnolfini di Van Eyck; o la luce che si riflette sulla superficie dei corpi che si fa presagio della loro interiorità, visto che l’esteriorità è seriale e stucchevolmente banale, come nei quadri di Edward Hopper (ad esempio Morning Sun del 1952 o Eleven AM – 11 AM del 1926 o Morning in a City del 1944).


Johannes Vermeer,, Giovane donna con brocca e bacile, 1662-1664. 

Johannes vermeer, Donna con liuto vicino ad una finestra, 1664.

Salvador Dalì, Federico Garcia Lorca e Pepin Bello.

Edward Hopper, Morning in a City, 1944.


Matisse, in Giovane donna alla finestra-Tramonto del 1921, abbandonata la sua arma migliore, cioè l’uso sapiente di colori intensi, squillanti, rutilanti che con pochi tratti indefiniti cercano di esprimere la complessità del mondo nella superficie bidimensionale di una tela, e ci fanno sentire persino gli odori, le musiche, la consistenza, i sentimenti e i pensieri dell’oggetto rappresentato, con qualche sfumatura di grigio, di nero, di bianco, qualche linea di giallo e qualche macchia di verde, vuole esprimere soltanto l’estrema semplicità con cui questa donna apre una finestra e accoglie il mondo dentro di sé.
Se Matisse usa l’apertura di una semplice finestra per mostrarci la fusione completa fra la donna e il suo mondo esterno, Picasso tenta invece di abolire la “finestra” punto di vista, almeno inteso in senso tradizionale, perché per l’artista di Malaga ogni punto di vista non può essere fisso, ma necessariamente pluridimensionale (la moltiplicazione contemporanea dei punti di vista che da luogo a figure pluridimensionali che si accendono della stessa luce).
Nella Muchacha di Dalì l’azzurro è nella stessa tonalità cromatica di quello di Picasso del periodo blu, in questo momento del suo sviluppo artistico Picasso era un dio per Dalì (“Picasso è l’uomo al quale penso più spesso, dopo mio padre. Entrambi sono, più o meno, i Guglielmo Tell della mia vita. È contro la loro autorità che, sin dalla mia più tenera adolescenza, mi sono, senza esitazione, eroicamente ribellato”, La mia vita segreta); il cielo, il mare, il colore della finestra, la tenda e il vestito della ragazza formano un unico blocco cromatico e simbolico, quel colore è della stessa materia dei sogni di Aña Maria, teneramente proiettata all’esterno con le sue fantasie, le sue attese e le sue dolci speranze, tanto quanto, almeno, la Donna alla finestra di Guttuso del 1942 lo è molto più decisamente.
Il quadro di Dalì è l’esatto contrario della donna alla finestra di Friedrich Caspar David, mentre Aña Maria è proiettata verso l’esterno e con l’azzurro della sua veste, delle tende e delle ante della finestra si perde nell’azzurro del cielo e del mare, la donna di David, con il suo abito verde appartiene al verde delle ante della finestra e al verde delle pareti: pur affacciandosi dalla finestra, aprendola per far entrare la luce, ella fa parte di quella casa, non dell’esterno.
Tutti i pensieri, tutte le emozioni tutti i sogni di Aña Maria si stemperano nell’orizzonte e ne condividono la vastità, come accade ad un giovane di 17 anni; e noi, quando abbiamo smesso di far coincidere i nostri desideri con l’infinità del cielo e con la vastità del mare? Quando il nostro tempo si è inchiodato nella concretezza del presente? Quando ci siamo accontentati di ciò che abbiamo senza osare e bramare tutto ciò che è remoto, persino ciò che non scorgiamo o non riusciamo ad immaginare? 


Salvador Dalì, Portrait of Gala (Gala against the Light). 



Ana Maria, Salvador e il padre.


E tu, quando hai smesso di sperare? Quando è morta tua madre? Quando è morto tuo padre? Quando hai perso il respiro per un profondo dolore che ti ha spezzato e disarticolato privandoti del tuo consueto coraggio e lasciando intatte le tue facoltà di affrontare la tua quotidianità in automatico come in una catena di montaggio in cui ripeti gesti sempre uguali e che non dipendono più dalla tua volontà?
Per allargare l’orizzonte visivo Dalì svelle letteralmente l’anta sinistra della finestra e i piedi della ragazza, che dovrebbero tenerla saldamente piantata sul terreno, sono irrealisticamente piccoli e non sono le uniche sproporzioni formali nel dipinto, che per il resto è fedele alle sembianze della ragazze da riproporre l’autentica figura di questa sorella non molto bella e attraente, vestita senza molta eleganza e in una posa non molto aggraziata in cui sono ben visibili e concreti i fianchi troppo larghi e un esagerato culo plebeo.
Qualcuno ci ha voluto vedere un iperbolico desiderio incestuoso di Salvador Dalì per la sorella, e in effetti qualche brivido di erotismo si trasmette all’osservatore da quel dipinto, egli dipingerà la sorella molte volte in questo periodo (c’è anche un altro quadro con lei che guarda fuori dalla finestra lo stesso paesaggio di mare a Cadaques), e quei quadri sono così importanti che saranno quelli che mostrerà a Picasso durante la sua visita a Parigi.
E la sorella Aña Maria si trova certamente invischiata nell’amicizia/corteggiamento fra Salvador e Federico Garcia Lorca, dalle frequentazioni di quest’ultimo della casa dei Dalì a Figueroa e soprattutto a Cadaques e dalle lettere che Federico scambiò con Aña Maria (quelle spedite a Salvador furono eliminate sia da Ana Maria sia da Gala), si può ricostruire un ambiguo triangolo in cui il non detto predomina sull’esplicito e i veri sentimenti non sono sempre evidenti.
Per ciò che riguarda quella precisa parte anatomica, Dalì stesso scrive: “A los dieciocho años, elegante, no concedía ninguna importancia a los senos, pero exigía un ensanchamiento de los huesos ilíacos, que debían aparecer bajo el vestido como las asas agresivas de un cesto”. (Salvador Dalí, Confesiones inconfesables).     


Federico Garcia Lorca e Salvador Dalì.

James Stewart, Grace Kelly e Alfred Hitchcock sul set del film La finestra sul cortile, 1954.


Henri Matisse, Giovane donna alla finestra. 

Federico Garcia Lorca e Salvador dalì a Cadaques.

Ma Aña Maria era pur sempre l’esatto contrario del suo ideale elegante e aristocratico per poter stimolare davvero i suoi sensi, d'altronde Dalì fino al suo incontro mistico con Gala non ha amori, sembra non avere desideri, non gli si conoscono esperienze sessuali e, pare, la moglie sia stata l’unico essere umano ad aver ricevuto da lui attenzioni concrete.
Ma non esprimere desideri non vuol dire non averne, significa solo non poterli affrontare, non poterli far propri, infatti quando è Gala a desiderarlo Salvador si concede, cioè può accedere al suo desiderio facendo finta che sia di un altro, oppure può prendere a prestito il desiderio dell’altro e crederlo proprio: non puoi dipingere in quel modo se un desiderio non ti possiede.
Ventinove anni dopo, quando la sorella Aña Maria pubblica un libro in cui accusa pubblicamente il fratello per alcuni suoi comportamenti e alcune sue idee, che lei è fra le poche persone a conoscere (divulgandole dunque e mettendolo così in cattiva luce) e per la sua relazione con una donna sposata (Gala non divorzierà mai da Paul Eluard, si sposerà con Dalì solo dopo la morte del poeta francese), Dalì ha una violenta reazione rabbiosa contro di lei.
In primo luogo la disereda, vietandole anche di partecipare al suo funerale, e in secondo luogo si vendica di lei ridicolizzandola attraverso la sua pittura, che gli era più congeniale, così come lei aveva divulgato i segreti che gli appartenevano attraverso la scrittura.
Ripropone il soggetto della Muchacha en la ventana, in chiave erotica stavolta, la sorella è affacciata alla finestra non in una posa compostamente casta come allora, ma in uno scosciato gioco di gambe, col piede d’appoggio sollevato sulla punta che irrigidisce i glutei facendo lo stesso effetto che fa sul culo di una donna calzare dei tacchi alti, una posa rubata alla copertina della rivista Playboy.


Salvador Dalì, Muchaca en la ventana, 1925.

Salvador Dalì, Muchacha en la ventana, 1925 (dettaglio).

Salvador Dalì, Joven virgen autosodomizada por los cuernos de su propia castidad, 1954.

Salvador Dalì, Disegni.

Venus Caelestis.


La donna non è sciatta e dimessa stavolta, ma di una certa bellezza, con le forme debitamente scolpite da sfiorare la perfezione, e quei lunghi capelli biondi che morbidamente le cadono sulle spalle e sulla schiena; nemmeno stavolta se ne può scorgere il volto, ma contrariamente a quel primo dipinto, stavolta sembra più interessante ciò che c’è al di qua e non ciò che c’è al di là della finestra.
Interessanti sono quelli che sembrano dei corni di rinoceronte (che a causa di ciò è considerato un animale “afrodisiaco” e impotenti di tutto il mondo hanno ingurgitato in vario modo la polvere del suo corno sperando ardentemente nell’effetto “Lazzaro”) di varia misura, cavi e vagamente fallici che si aggirano pericolosamente intorno al fondoschiena della ragazza.
A guardarli bene sembrano fatti della stessa sostanza di cui è fatta lei, lo stesso colore della sua carne, o meglio lo stesso colore che sembra avere la sua carne nella metà inferiore, sembrano cioè autoprodotti; e il titolo dell’opera ci aiuta a capire meglio: Joven virgen autosodomizada por los cuernos de su propia castidad.
La castità di Aña Maria (la stessa del fratello prima di incontrare Gala e, forse, la stessa che sarebbe continuata se non l’avesse incontrata) produce gli strumenti simbolici per soddisfare immaginariamente ed oniricamente quei desideri che, anche se mai appagati nella realtà o, addirittura, mai riconosciuti ed ammessi, eppure esistono.
In sostanza, Salvador dipinge una sorella come chi si autosodomizza (si autoinganna brutalmente, ma tutti gli altri significati di “autosodomia” sono ammessi) a partire dalla sua castità autoimposta; in altre parole secondo Salvador Aña Maria rimprovererebbe al fratello ciò che non ha avuto il coraggio di realizzare lei e la fuga di notizie riservate che lo riguardano e l’attacco diretto a lui altro non sarebbero che invidia covata lungamente.




5 commenti:

  1. Salvador Dalì e Garcia Lorca hanno segnato la loro epoca in modo così grande che ancora oggi è una meraviglia vederli, leggerli e osservarli in ogni modo possibile. Entrambi hanno esplorato varie forme dell'essere e della nostra vita interiore. Come sai amo gli aforismi, perché poche parole contengono sempre una profonda saggezza che potrebbe aiutarci a capire noi stessi e la nostra epoca. Di Garcia Lorca ricordo sempre queste parole: "La cultura costa, ma l'ignoranza ci costa ancor di più" parole più che mai profetiche visto oggi cosa siamo, cosa viviamo e cosa vediamo ogni giorno. Poi c'è Luis Buñuel che, a suo modo, ha cambiato e sconvolto il mondo culturale e la nostra "morale" con il cinema e non solo. Anche di lui esistono parole che sono forti ma aiutano a capire tante cose: "La necessità di mangiare non scusa né giustifica la prostituzione dell'arte"...e qui ci sarebbero da scrivere libri su questo argomento. Di Salvador Dalì c'è quella famosa sequenza di un sogno nel film "Io ti salverò" di Alfred Hitchcock del 1945 che considero ineguagliabile, una descrizione del mondo onirico e della psiche che non aveva mai avuto eguali in passato.

    C'è da dire che parliamo di persone che hanno vissuto in una epoca dove c'era tutto da fare, tutto da scoprire e tutto da realizzare in vari ambiti della cultura e del sociale, un'epoca irripetibile anche perché oggi come oggi esistono grandi artisti, o grandi personaggi nella cultura, ma i tempi sono completamente cambiati e non solo neanche paragonabili con tutto quello che ci siamo lasciati alle spalle. E così mi verrebbe da dire: ma come abbiamo fatto ad essere ciò che oggi siamo? Mah!

    Gran belle foto, complimenti per il post. Ti seguo sempre spesso e volentieri quando voglio capire qualcosa e perdona il commento così lungo e un po' prolisso.
    Un salutone e alla prossima

    RispondiElimina
  2. Salvador Dalì, Federico Garcia Lorca,Luis Buñuel, lo stesso Alfred Hitchcock e non dimentichiamo i molti altri nomi a loro contemporanei che nel campo della cultura, dell'arte, del pensiero, ci hanno lasciato opere memorabili, su cui ancora oggi ci interroghiamo, viv vano in un periodo straordinario e hanno fatto cose straordinarie. In molti casi anche la loro vita è stata una straordinaria opera d'arte, ma ciò non vuol dire che siano stati felici: il desiderio ha agito su di loro in molti modi complicando le loro esistenze e il loro modo di godersi la vita.
    Per riflettere un po' anche sul tuo sconforto del presente, credo che volendo ci sia sempre molto da fare, molto da dire e da inventare, anche oggi, anche noi che rispetto a questi mostri sacri ci sentiamo di essere poca cosa.
    Ciao

    RispondiElimina
  3. E beh, sai com'è: la felicità non è sempre a portata di mano. Il più delle volte ho una vera e propria armonia e non faccio tanto il lamentoso (vivo in Liguria che, come molti sanno, è un po' la patria del mugugno). Diciamo che apprezzo, capisco e attuo la resilienza. Il presente è quello che è e il futuro (come diceva il amestro Joda in Star Wars) "è sempre in movimento, difficile da vedere è".
    Un salutone e alla prossima

    RispondiElimina
  4. E' bello e piacevole affacciarsi alla finestra delle storie con i tuoi post e scorgere le singolarità e le stragaganze di questi uomini straordinari e, in alcuni, casi insopportabili. Ma te lo immagini avere un Dalì per amico? peggio ancora, come amante? Lascia perdere il suo linguaggio, il politically correct lo trovo insopportabile, è proprio con il soggetto che è impossibile avere a che fare. Senza le sue nevrosi sarebbe stato l'artista che conosciamo, o crediamo di conoscere? Solo una cosa, la finestra del dipinto non è priva dell'anta sinistra. E' una finestra con una sola anta. :-) A presto.

    RispondiElimina
  5. @ Antonio,
    Solo un altro narcisista (o chi ha fatto i conti in gran parte col proprio narcisismo) può sopportare un narcisista, e anche questo non avviene senza difficoltà. E' ancora peggio sopportare un narcisista geniale (come era Dalì) o un narcisista di successo (non sempre il genio ha successo e non sempre chi ha successo è geniale). Ho letto con fatica i libri di Dalì, così come a suo tempo lessi con fatica e con immensi sbadigli di noia i libri di De Sade ... c'è questo IO enorme che ingombra anche troppo e oscura l'uomo Salvador Dalì e talvolta anche il genio, annegandolo nel kitsch e nell'autocompiacimento o autogongolamento. La stessa impressione ce l'ho avuta con Lacan, anch'egli un narciso non da poco che pretendeva solo suites imperiali e chachet faraonici quando veniva invitato e una volta a New York si indispettì perché tutti riconoscevano e osannavano Salvador Dalì e nessuno sembrava aver riconosciuto lui che si intratteneva nella hall dell'hotel col famoso artista. Guardando meglio quella finestra mi sa che hai ragione tu :-)
    Ciao

    RispondiElimina