venerdì 25 dicembre 2015

STILLE NACHT















Jules-Alexandre Grün, The Dinner Party, 1911.

 Joseph-Marius Avy, Bal Blanc, 1903, oil on canvas, Petit Palais, Paris. 


"Non so piú cosa son, cosa faccio …
Or di foco, ora sono di ghiaccio …
Ogni donna cangiar di colore,
Ogni donna mi fa palpitar,
Solo ai nomi d'amor, di diletto
Mi si turba, mi s'altera il petto
E a parlare mi sforza d'amore
Un desio ch'io non posso spiegar!
Parlo d'amor vegliando,
Parlo d'amor sognando,
All'acqua, all'ombra, ai monti,
Ai fiori, all'erbe, ai fonti,
All'eco, all'aria, ai venti,
Che il suon dei vani accenti
Portano via con sé …
E se non ho chi m'oda
Parlo d'amor con me."
(Cherubino, da Le Nozze di Figaro - W.A. Mozart)



martedì 8 dicembre 2015

PHILÍA & NEÎKOS




PHILÍA (AMICIZIA, SIMPATIA, AFFINITÀ) – NEÎKOS (INIMICIZIA, ANTIPATIA, AVVERSIONE).





“Infatti da ciò che mai è esistito è inattuabile il generarsi, e vano e impensabile è che perisca quello che esiste; in eterno infatti sarà dove ogni volta qualcuno lo avrà collocato”. (Empedocle DK 31 B 12).





“Ma ti dirò un’altra cosa; non esiste generazione di nessuno fra tutti i mortali, né termine alcuno di morte funesta, ma solo esiste mistione, e separazione di quanto si è mescolato; ma queste cose dagli uomini sono chiamate generazione” (Empedocle, DK 31 B 8).





“Lì non si distinguono le agili membra del sole, né la stirpe della terra coperta di selve, né mare. Così, nelle dense latebre dell’armonia, saldamente è infisso lo sfero ricurvo, raggiante nella sua rotonda unicità” (Empedocle, DK 31 B 27).





“Ed ora anch’io sono fra costoro, bandito da dio e vagabondo, fedele all’odio impazzito”. (Empedocle, DK 31 B 115, 13-14).






“Con la terra vediamo infatti la terra, l’acqua con l’acqua, con l’aria l’aria celeste e con il fuoco il fuoco funesto, con l’amore l’amore, e con l’odio l’odio luttuoso”. (Empedocle, DK 31 B 109).
“ … sangue che circola intorno al cuore, questo è per gli uomini infatti il pensiero”. (Empedocle, DK 31 B 105, 3).
“”… conosci allorché la ragione nelle viscere ti si è divisa”. (Empedocle, DK 31 B 4, 3).
“ … tutte le cose possiedono intelligenza, e prendono parte al pensiero”. (Empedocle, DK 31 B 110, 10).






“Ippoboto riferisce che egli, levatosi, si diresse all’Etna e, giunto ai crateri di fuoco, vi si lanciò e scomparve, volendo confermare la fama che correva intorno a lui, che era diventato dio. Successivamente fu riconosciuta la verità, poiché uno dei suoi calzari fu rilanciato in alto; infatti egli era solito usare calzari di bronzo”. (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, Libro ottavo).





“  - Pausania: Il tuo sguardo, al cospetto degli dei è limpido ed il tuo genio magnifico risplende sulla terra. Tutto ciò dovrebbe ora perire?
 - Empedocle: (affettuosomante) Ma figlio stolto! Dorme forse, si arresta il sacro  puro spirito della vita? Sempre gioioso, mai lo vedrai languire entro prigioni, né indugiare in luoghi senza speranza. (alza le mani al cielo) Giove liberatore!… Prepara per me la mensa, affinché possa ancora una volta assaporare il frutto della vite, e che lieto e grato sia il mio commiato. (Fa un cenno a Pausania perché vada)    E' maturato il tempo. Mi stupisco come se la mia vita cominciasse ora. Solo adesso io sono . Eccomi, Padre del cielo. Occhi miei, il vostro solerte servizio è finito. Sì, ecco! Un brivido di desiderio: la morte infine infiamma la mia vita? E tu Natura mi porgi il calice tremendo e spumeggiante di questo cratere, affinché il tuo cantore possa bere l'entusiasmo supremo!  (gridando di gioia) Sono felice! La mia gioia è compiuta. (Empedocle è appena scomparso dentro un rosso mantello simbolico, porto dalle quinte. Entrano di corsa Pantea e Delia).
[…]
 - Hölderlin: Oh amata Natura. Il tuo abbraccio mortale ha reso quest'aria zuppa d'amore. L'amico del claudicante Vulcano, il principe degli elementi, ha avuto il suo pasto.  Empedocle si è tuffato nel fuoco dell'Etna, mentre io mi sono immerso nel fuoco della follia. (Dalle quinte vengono gettati in scena due sandali. Hölderlin li raccoglie). Di lui è rimasto un paio di sandali, di me (indica se stesso), quello che vedi: questo corpo è il mio sandalo, ed esso porta a spasso per le tue pianure soltanto inchini e sberleffi. (Si inchina al pubblico, ma il falegname lo porta via amorevolmente)”. (Friedrich Hölderlin, La morte di Empedocle, prima stesura, 1797).