giovedì 27 febbraio 2014

MO’ VI MENTO CINQUE ESPELLE






"Fingere di ignorare ciò che si sa benissimo e di sapere ciò che si ignora; fingere di capire ciò che non si capisce e di non capire ciò che si capisce benissimo; fingere di essere potenti al di là delle proprie forze; avere spesso da nascondere questo gran segreto, che non c’è nessun segreto da nascondere; sembrare profondi quando si è vuoti; darsi bene o male le arie di un personaggio importante; diffondere delle spie e stipendiare dei traditori; cercar di nobilitare la povertà dei mezzi con l’importanza dei fini: ecco che cos’è la politica."

(Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais, Il matrimonio di Figaro, 1778/84)



“Angry,and half in love with her, and tremendously sorry, I turned away”.
(F. Scott Fitzgerald, The Great Gatsby).


"Dopo svariate segnalazioni dal territorio di ragazzi, di attivisti, che ci dicevano che i 4 senatori Battista, Bocchino, Campanella e Orellana si vedevano poco e male, i parlamentari del M5S hanno fatto un'assemblea congiunta decidendo l’espulsione dei suddetti senatori. A me dispiace, perché in fondo non c’è niente di drammatico, però non sono più in sintonia con il MoVimento: "fate alleanze ... perché non ha fatto alleanze con Letta ... perché non fate". Tutte persone che sul palco quando c’ero io dicevano esattamente il contrario, dicevano: "a casa tutti", facevano degli olà che fulminavano. Sono cambiati, si cambia, non è mica detto. Si terranno tutto lo stipendio, 20.000 euro al mese fanno comodo, capisco anche quello. Non capisco le motivazioni ideologiche: "Grillo non si fa mai vedere, Grillo dall’alto, il blog di Casaleggio". Queste sono cazzate, non sono motivazioni ideologiche.
Adesso deciderà la rete, spero che deciderà e confermerà il verdetto della assemblea, così noi siamo un pochino meno ma molto, molto più coesi e forti. Abbiamo una battaglia: dobbiamo vincere le europee e le vinceremo. Daremo il sangue per le europee. Daremo il sangue sulle strade: molti di voi andranno sui palchi di tutti i comuni. 4 mila comuni e due regioni vanno alle elezioni, abbiamo le europee. Non ci possiamo permettere ancora di parlare di gente che bisbiglia ai giornali, dopo 5 minuti che hai parlato sei sul giornale con il titolone. Basta queste cose qui, se vogliono fare un partito con il Corriere, la Repubblica, Libero e l’Unità se lo facciano... e i talk show... che vadano pure ai talk show!
Avranno adesso una grande trasparenza sui media, benissimo! E attraverso loro i media arriveranno forse a scalare ancora qualche posizione sulla libertà di stampa, siamo al settantesimo e magari con loro andremo al settantunesimo.
Noi andiamo avanti, con cuore. Coraggio e vinceremo!
Grazie a tutti." Beppe Grillo                    
Il tuo voto è importante”.

Voti 1 espelli 4

“Vincere, e vinceremo!”, no non è il duce, anche se gli assomiglia molto, è Beppe Grillo che scrive sul suo blog e subito dopo invitava gli iscritti al movimento a votare per l’espulsione o meno dei senatori: Battista, Bocchino, Campanella e Orellana. Il motivo? È li, anche se fa sorridere: “Dopo svariate segnalazioni dal territorio di ragazzi, di attivisti, che ci dicevano che i 4 senatori Battista, Bocchino, Campanella e Orellana si vedevano poco e male …”, segnalazioni da parte di chi, e chi le ha raccolte, ne possiamo avere documentazione o dobbiamo semplicemente: “Credere, obbedire e combattere”?
In realtà io credo che oltre a surclassare Matteo Renzi che ne ha espulso soltanto uno, Enricostaisereno Letta, espellendone quattro (e perché non cinque allora o espelli tutto il cucuzzaro dei pentastellati), i suddetti senatori stiano scontando le critiche espresse verso lo stesso Grillo riguardo alla diretta Streaming con Renzi, insomma il Capo non si tocca e non si contraddice.
La realtà è che nel Movimento esistono da sempre i pasdaran grillini ortodossi che si ritengono i depositari della purezza assoluta, del bianco che più bianco non si può, del candore immacolato, che mai e poi mai faranno accordi con questi politici ladri e corrotti, e coloro che sentono l’emergenza del Paese e credono che una risposta si debba dare, o almeno si debba provare a dare, e che è sempre meglio portare a casa qualche risultato (pure in mezzo alla corruzione e al malaffare) piuttosto che portare a casa niente.


I pensionati non arrivano a fine mese, costretti a rinunce e abiezioni

Tutte le categorie colpite dalla crisi

Io vivo in ciò che rimane di quello che un tempo era il ricco nord-est, in quella che un tempo era una delle più ricche città d’Italia, ora di quell’antico benessere rimangono solo le ceneri, passeggiare in centro è una desolazione fra negozi chiusi, vetrine opacizzate, saldi perenni, svuotamenti totali per cessata attività e file alle banche per chiedere non più mutui, ma dilazioni o un po’ di respiro.
Che ci sia crisi profonda non me lo dice soltanto il mio conto in banca, o il fatto che io guadagni poco più della metà rispetto a pochi anni fa, o il fatto che ho delle ore libere che dedico a consulenze gratuite, mentre prima chi non potevo seguire perché ero troppo impegnato lo inviavo a qualche collega; me lo dice piuttosto il fatto che chi telefona per un appuntamento è spesso disperato, chiama perché proprio non può farne a meno, perché viene da un ricovero al CPS (Centro Psico-Sociale) o perché ha tentato il suicidio, o perché non ce la fa più o perché è disperato.
E la prima cosa che mi dice non è il suo problema, ma quanto prendo per una seduta, come se io fossi una di quelle simpatiche signorine che passeggiano per i viali facendo roteare la borsetta e ammiccando ai passanti, quelle a cui l’aspirante “utilizzatore finale” si rivolge pressappoco in questi termini: “Quanto vuoi, bella?”.

Il riciclaggio dell'usato e dell'usurato

Nuove forme di coppie di fatto stabili

Che le cose stiano messe molto male si vede dal fatto che persino il mio dentista mi fa la ricevuta “spontaneamente”, senza doverci litigare e senza il ricattino del 300 con ricevuta 0 240 senza, che anche lui assomiglia moltissimo alle stesse signorine di cui sopra quando rispondono ai loro clienti: “Cento col cappuccetto o 150 senza!”.
Che siamo ridotti male lo vedi dagli stabilimenti che chiudono, da quelli che vengono “delocalizzati” altrove, dove il “costo del lavoro” è inferiore e dove non esistono quasi vincoli aziendali e burocrazia, o da quelli che sono in procinto di chiudere, come l’Elettrolux, che se va via lascerà centinaia di famiglie senza reddito e senza alcuna probabilità di trovare un lavoro con un reddito equivalente a breve termine.
Lo vedi dalla facce attonite, dagli sguardi disperati, dalla cronaca locale, nessuna attività sembra riuscire, anche i consumi di generi alimentari sono calati (e questo in Italia è segno che la crisi è davvero profonda), persino le signorine di cui parlavo sopra sembrano in affanno, più occupate a passeggiare e a far roteare la borsetta, mentre un tempo il viale del Terraglio e la Pontebbana erano pieni di avventori intenti a guardare la merce esposta, che talvolta ti inchiodavano all’improvviso, che se non stavi attento rischiavi pure di tamponarli.
Solo le profumerie sembrano proliferare, occupando gli spazi in cui in precedenza c’erano negozi di abbigliamento, panifici o librerie … moriremo se continua questa crisi, questo è certo, senza pane, senza un vestito nuovo, illetterati, insoddisfatti sessualmente, ma in compenso moriremo lindi e profumati.  

Saldi

Prezzi calmierati


E di fronte a tutto questo ti chiedi: “Cosa ci sta facendo Grillo con 8.689.168 voti alla Camera (25,55%) e 108 deputati e 7.285.648 voti al Senato (23,79%) e 54 senatori?”. Questo suo inseguire l’assoluta purezza, la non contaminazione, questo chiudere le porte in faccia a chiunque, come se la politica non fosse compromesso, realizzare il possibile perché gli ideali spesso sono irraggiungibili, questo eterno matrimonio bianco in attesa di future elezioni che daranno il M5S vincente e in grado di governare da solo, a me sembra più una forma di autoerotismo che di politica.
La gente che ha votato vuole risposte e subito, perché anche se le riforme venissero approvate adesso sarebbe già tardi, nessuno ripoterebbe in vita i poveri disgraziati che si sono suicidati, nessuno ci ripagherebbe la fatica, le preoccupazioni, lo stress, le umiliazioni in cui molti si sono imbattuti cercando di combattere per la propria famiglia, per i propri dipendenti, per salvare l’attività a cui si è dedicata tutta una vita o a cui la propria famiglia si dedica da generazioni.

Filippo Amleto Civati


Io credo che il M5S dovrebbe affrancarsi quanto prima da Grillo e da Casaleggio, afflitti entrambi da ideazione paranoidea, puristi che stanno creando un clima da caccia alle streghe, anche se non mi nascondo che l’impresa è molto difficile e cercare in Parlamento e nella società alleanze, forze e persone con cui intendersi e con cui realizzare qualcosa al più presto.
È questo il momento in cui occorre tutto il coraggio per prendere decisioni in cui magari rischi la tua carriera politica, ma non ci sono altre soluzioni per dare risposte al Paese, lo stesso coraggio che pare mancare a Filippo Civati, non gli piace Renzi, non gli piace il suo programma, non gli piacciono gli uomini di governo da cui si è circondato, eppure gli vota la fiducia, cioè si impegna a sostenere un governo che non gli piace, fatto di uomini che non gli piacciono, perché non vuole … udite udite … spaccare il PD … ma se il PD si spacca da solo ad ogni occasione!

Super Manildo

In morte di un matematico fiorentino


E non posso tacere la prima uscita pubblica di Matteo Renzi, oggi è stato a Treviso, governata dal suo amico Giovanni Manildo (45 anni, avvocato, renziano di ferro), credendo di venire a fare quasi una passeggiata, uno spot elettorale, un’ovazione di consensi, la visita alla scuola media, qualche battuta sul calcio per conquistare i ragazzini, le mamme, le professoresse e pure i reporter, poi a Palazzo Rinaldi ad incontrare le autorità locali, i sindaci della provincia, il Governatore della Regione Luca Zaia, una delegazione di imprenditori del Veneto (Mario Moretti Polegato, patron della Geox, Luciano Benetton, Giuseppe Delonghi, Paolo Fassa di Fassa Bortolo, Carlo Archiutti di Veneta Cucine, Nicola Tognana e Bruno Vianello della Texa), poi una “vasca” a piedi stringendo mani e facendo un bagno di folla plaudente che i cameraman avrebbero fedelmente e coscienziosamente documentato.
Fin da subito si era preoccupato solo di come andare, non di cosa dire (e che altro poteva dire se oltre gli slogan non c’è niente?), cosa mi metto per i trevisani? Il giubbotto di Fonzie? No, quello va bene per la De Filippi! La camicia bianca e la cravatta nera sottile? Nemmeno, roba da fans di Obama o di nostalgici dei Blues Brothers.
E gli è che sti veneti so’ bischeri, è gente rustica, abituata alle camicie verdi, all’elmo con le corna, già i doppiopetti berlusconiani erano un po’ sospetti, che se non avessero avuto la benedizione della Lega, dello sceriffo Gentilini e quella ancor maggiore del clero, non sarebbero mai filtrati.

Aiutare il vecchio giaguaro ad attraversare il Mar Rosso Comunista, da buon boy scout

Il programma di governo di Matteo Renzi

Matteo il rottamatore 


Invece, Renzi si è accorto che questa gente voleva risposte concrete, che erano stanchi di slogan e di parole, di intrighi di palazzo, di veleno e di coltelli come nella corte di Bisanzio e l’hanno contestato duramente con insulti e lancio di arance; e Renzi le risposte concrete non le aveva, fin l’altro ieri non aveva nemmeno un ministro dell’economia (si fa cadere un governo certamente poco efficiente per l’avventura di un tizio che pare simpatico e grintoso, ma che non ha nessuna idea e nessun economista di spicco a consigliarlo nelle scelte economiche).
Gli si è dovuto trovare faticosamente e precipitosamente (tanto precipitosamente che l’interessato non sapeva neppure di essere diventato ministro, era a Sidney in Australia e non ha fatto in tempo a giurare con l’intera squadra di colleghi)  e la scelta, dopo qualche defezione, è caduta su Padoan, che è uomo di D’Alema (che tu sia per me il coltello, sembra gli abbia detto Matteo Renzi quando l’ha finalmente incontrato, se preferite la versione di David Grossman; mentre se preferite la versione di Franz Kafka nelle Lettera a Milena, sembra gli abbia detto: “Amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso”).

lunedì 17 febbraio 2014

LO ZEN E L'ARTE DELLA MANUTENZIONE DI ENRICOLETTA





“Sargon, re di Akkad, sorvegliante di Ishtar, re di Kish, consacrato sacerdote di Anu, re della nazione; sconfisse Uruk e ne abbatté le mura. Nella battaglia catturò Luggal-zaggisi, re di Uruk, e lo condusse alle porte di Enlil con un collare da cane”.  (Epopea del Re della Battaglia).




Intanto Enricoballs of steel” (ma oggi sarebbe più appropriato "balls of ricotta) Letta è il primo Presidente del Consiglio di csx che non è stato fatto fuori da D’Alema, si vede che D’Alema sta invecchiando; dopo aver fatto fuori Occhetto, Prodi, Veltroni, D’Alema ha mancato per un pelo Renzi, impallinandolo alle penultime primarie con la vittoria di Bersani, e subendo successivamente una cocente sconfitta a Cuperloo.
Renzi a sua volta ha già fatto fuori Prodi, Bersani, Fassina (Fassina chi?), Cuperlo e Letta (lo chiamano già the rottamator), e sta già prendendo accordi con Berlusconi (esattamente come D’Alema con la Bicamerale) e in questo momento Renzi e Berlusconi si scambiano tanti salamelecchi (esattamente come D’Alema e Berlusconi durante il primo governo Prodi); non c’è che dire, Renzi è l’erede naturale di D’Alema e ha già dimostrato di essere più veloce, preciso ed efficace tanto che possiamo con certezza dire che l’allievo ha già superato il maestro, come Raffaello superò molto velocemente il Perugino.
Nessuno poteva immaginare, certo, che dopo le innumerevoli rassicurazioni di Renzi a Letta, con sperticate dichiarazioni in cui si diceva che non ci pensava nemmeno a Palazzo Chigi, che si sarebbe ricandidato a sindaco per altri 5 anni, al: “Ma chi me lo fa fare …”, fino all’incredibile e beffarda apertura dell’hastagh “enricostaisereno”, stesse facendo di tutto per soppiantarlo; ma sono proprio queste rassicurazioni che avrebbero dovuto mettere in guardia Letta, che non aveva capito, forse troppo occupato nelle sue meditazioni zen.
Ora è la volta dell’hastagh “matteostaisereno”!!! Non credo che rimpiangeremo Letta, così come non abbiamo rimpianto Monti, credo però che piangeremo, e tanto, per  Mattero Renzi.




Non credo che tutti gli elettori del PD che hanno votato alle ultime primarie fossero consapevoli che con soli due euro avrebbero assistito allo spettacolo del loro partito che governa col PDL (per di più in un momento in cui Berlusconi passa da indagato a condannato), né pensavano che sarebbe potuto mai accadere che la legge elettorale venisse concertata con Berlusconi e scritta insieme a Verdini, abolendo con un colpo di spugna le preferenze e sostituendole con ridicole “primariette” circoscrizione per circoscrizione che la legge non obbliga a fare peraltro, e non sapevano, ignari ( o ignavi) che stavano assoldando il sicario che avrebbe fatto fuori Enrico Letta.
Oggi come oggi con due miserabili euro non ci fai più niente, non ci acquisti niente nemmeno al mercato delle pulci, non ci vai al teatro, non ci ascolti un concerto, non ci vai a vedere un film nemmeno al “pidocchietto” di Padova che, se esiste ancora, è un cinemino di periferia dove proiettavano seconde e terze visioni, mentre voi elettori del PD potete assistere, con quella modica cifra, al più grande spettacolo del mondo, fatto di colpi di scena, di tradimenti tra fratelli, di odio e di amore, di vendette anche trasversali, di personaggi dai toni cangianti e del grande vecchio che fa girare la ruota degli accadimenti a suo arbitrio.
C’è una cosa in questo avvicendamento Renzi-Letta che però non ho capito, com’è che fino a ieri Letta era la persona più indicata a guidare il Paese, che tutto stava andando a meraviglia, che l’economia si era riassestata e stavamo attendendo di acciuffare la ripresa come i pescatori attendono il passaggio di un branco di tonni e oggi all’improvviso, senza alcuna spiegazione salta fuori Renzi.
Ti dicono che certo, Letta ha fatto bene … insomma benino, ma con la maggioranza che ha e con gli equilibri che si sono formati non potrà mettere mano alle riforme che servono tanto al Paese, servono uomini nuovi, nuove alleanze, nuove idee, gente più risoluta e più autorevole … e chi meglio dell’uomo che ha stravinto alle ultime primarie può coagulare nella sua persona tutto questo?




Traducetelo dal politichese in italiano, volevano dire che Letta non ha fatto un cazzo, come era previsto che facesse, bisognava soltanto tenere il potere a tutti i costi perché ritornare alle urne (e con il porcellum poi, che premia anche una maggioranza molto risicata solo se questa prevale sugli altri schieramenti; mettendola in grado di governare) sarebbe stato un azzardo gravissimo, ma Letta da buon “menarrosto” (l’arrosto va girato molto lentamente, quindi la persona più indicata ad occuparsi di girare gli spiedi è un tizio dalla seraficità e dalla lentezza collaudate) non garantiva la tenuta fino a fine legislatura (poi si vedrà, qualcosa si inventerà, intanto: “Primum vivere, deinde philosophari!”).
Renzi, se ci avete fatto caso, la prima affermazione che ha fatto è che intende durare fino a fine legislatura, tranquillizzando così senatori e deputati circa il vitalizio, i poteri forti circa la garanzia che alle prossime nomine burocratiche nei posti chiave dello Stato vengano messi gli uomini “giusti” (questo lo garantiva anche Letta, a dire il vero) e scongiurando la possibilità che chi ha sempre comandato in Italia agitando lo spettro del comunismo prima e del populismo ora, possa perdere per la prima volta i suoi referenti in chi governa lo Stato.
In definitiva, Renzi è più stabile di Letta per tirare a campare qualche annetto, poi si vedrà, magari con una legge elettorale ad hoc (come lo è stata il porcellum), o con qualche altro escamotage, non arretrando di fronte a nulla, nemmeno di fronte al ridicolo, facendo digerire ai propri elettori persino un governo PD-PDL, persino “riforme” con un condannato (sarebbe stato meglio farle davvero con Dudù le riforme, Matteo, almeno il cane non è pregiudicato).




Ma forse mi sto sbagliando io e non riesco a vedere le idee, le proposte politiche, le soluzioni economiche, le riforme già li belle e pronte che lo staff di Renzi ha già preparato, le nuove alleanze con cui intende portarle avanti e realizzare questo progetto politico, non percepisco lo spessore di grande statista di uno come Renzi, sottovalutandolo solo perché è giovane, un po’ spaccone, dice banalità incredibili e da ragazzino i suoi compagni lo chiamavano il “bomba” perché le sparava grosse.  
Forse sono io che sono arretrato, che non mi adeguo al nuovo che avanza, certo però signori che ancora votate per il PD, dovrete spiegarmi prima o poi com’è che da una tradizione politica che affonda le sue radici in Gramsci, in Togliatti e in Berlinguer (pur con tutti i limiti sia delle persone nominate sia delle idee politiche che sostenevano) siete passati a Occhetto, D’Alema, Veltroni, Franceschini, Bersani e Renzi.

Vorrei capire come si passa dal partito dei lavoratori, dei diritti civili, della questione morale, al nulla rappresentato da Renzi, da quelli che stanno con lui, da quelli che sembrano avversarlo all’interno dal suo partito e da quelli che l’hanno preceduto; com’è possibile che un governo presieduto da Letta, un del PD, possa anche solo prendere in considerazione la proposta-ricatto dell’Elettrolux di accettare umiliazioni e una consistente riduzione dello stipendio pur di mantenere il proprio lavoro … almeno finché l’Elettrolux stessa non considererà comunque più conveniente andarsene altrove in ogni caso.


Dal blog: http://nonleggerlo.blogspot.it/

Ora comprendete perché gli operai votavano per la Lega???
Certo, oggi sappiamo che il PCI di allora era destinato in Italia a rimanere per sempre all’opposizione, altrimenti i carri armati statunitensi avrebbero occupato Roma così come i carri armati sovietici occuparono Budapest nel 1956 e Praga nel 1968, crediamo che Matteo Renzi possa essere la negazione più credibile di una sinistra eternamente perdente, destinata all’opposizione e alla subalternità, una sinistra incapace di governare perché non ne ha alcuna esperienza.
Ma tutto ciò è soltanto apparenza, la sinistra vincente non esiste perché il PD non è un partito che si fonda su un uomo forte e potente come Berlusconi, né sulla condivisione di idee, di proposte, di valori o di ideali, si tratta piuttosto di una federazione di cartelli di piccoli e medi Rais che aspirano al potere assoluto, organizzati come clan mafiosi, e che con gli stessi criteri si associano fra di loro o si combattono all’ultimo sangue.
Non a caso chi vince, predominando su un avversario interno, sa che il suo potere è traballante e piuttosto che cercare di rendere compatto il partito cerca alleanze programmatiche contro i propri nemici interni, stringendo patti con colui che dovrebbe essere il vero avversario … Silvio Berlusconi (lo ha fatto ‘D’Alema, lo ha fatto Veltroni, lo ha fatto Letta facendoci addirittura un governo con Berlusconi, lo sta facendo Renzi) … perché ha un bel dire silvio di aver fatto fuori lui non so quanti leader del csx, in realtà si è trattato in tutti i casi di friendly-fire e anche in questo caso i coltelli che faranno fuori Renzi sono già sotto la mola dell’arrotino.




Alla falce e al martello, simboli obsoleti di una terra contadina e artigiana, che andavano certamente cambiati, cosa avete sostituito? Un piccolo suggerimento posso darvelo io a partire da una dichiarazione del renziano Nardella, che vuole portare la patatina San Carlo (sponsor della campagna elettorale di Renzi, l’unica completamente italiana, recita la pubblicità, che non ha niente a che vedere con quelle patatine stangone che vengono dall’est o con quelle brune che provengono dal Sudamerica) a Eataly … ecco che il PD passa da Partito Democratico alla Patatina Democratica, diventa il partito della patatina, che nemmeno Silvio Berlusconi.
Restano le consultazioni, aperte da Napolitano e disattese da quegli eversivi del M5S, dalla Lega, mentre Giorgia Meloni ed Enrico Crosetto di Fratelli D’Italia sono andati al quirinale a consegnare come atto di protesta il loro certificato elettorale; sollevo soltanto una domanda ingenua: da quando le consultazioni si fanno dopo aver già deciso tutto?



Due ulteriori notizie che non posso passare sotto silenzio:
Diego Maradona dice di non essere un evasore fiscale e si dichiara disposto a sostenere Forza Italia se lo aiuta nella sua battaglia col fisco italiano: in sostanza un condannato in Cassazione chiede l’aiuto ad un condannato in via definitiva per evasione fiscale, invece di seguire la strada che a suo tempo seguirono i suoi compagni di squadra di allora Careca e Alemao (poi assolti), che si misero a disposizione del Fisco e chiarirono la loro posizione.
Ma la più bella della settimana è la dichiarazione di John Elkann:  “Molti giovani non colgono le tante possibilità di lavoro che ci sono o perché stanno bene a casa o perché non hanno ambizione”. Questo tipo non parla quasi mai, ma quella volta che lo fa spara cazzate da far impallidire persino il fratello Lapo quando disse, incurante del ridicolo: “"Il Paese deve premiare chi merita, non chi è figlio o fratello di...".
Il bello è che pare che nessuno dei due fratelli stia scherzando, credono davvero l’uno di essere   presidente della Fiat S.p.A., della Exor S.p.A. e della Giovanni Agnelli e C. s.a.p.a.  e l’altro di essere presidente e fondatore di LA Holding, LA s.r.l., Italia Independent e Independent Ideas oltre che consulente di Ferrari solo per meriti personali o perché sono “speciali”.
State sereni anche voi!


martedì 11 febbraio 2014

... LASCIATELI DORMIRE

Auguste Raynaud, La nuit



"Quelli che non sentono questo Amore
trascinali come un fiume,
quelli che non bevono l’alba
come una tazza di acqua sorgiva
o non fanno provvista per il tramonto,
quelli che non vogliono cambiare
… lasciateli dormire".

(Jalāl al-Dīn Rūmī, 1207 - 1273)




“Meglio vivere distanti e distinti, che d’istanti e d’istinti” 
(Garbo, Selected Poems, Penguin Books, 2045).





“ Fosse o non fosse il Sacchiteddu in persona, fosse il suo doppio, il suo sosia, il suo omonimo, la sua ombra o il suo fantasma, ogni volta che si arrivava in un posto lui era partito e se mai qualcuno riusciva ad avvicinarlo lui scappava veloce come una lepre. Qualcuno, negli ambienti del positivismo professorale di Avola, sentendo il racconto di questi eventi paranormali, impostò lo stesso sorriso scettico e disincantato che aveva abbozzato quando si era diffusa la notizia della Madonnina delle Lacrime a Siracusa, parlando di una forma di suggestione o allucinazione collettiva o quasi.
Una sera Venerina Costa fece sapere a Sebastiano che voleva incontrarlo. La mattina dopo si mise in ordine e lo aspettò a casa ... Sebastiano arrivò in bicicletta molto presto, salutò la Masudda, si guardarono, si tennero le mani: - Jano, c’è un appuntato di Testa dell’Acqua che lavora alla caserma di Donnafugata e che può aiutarti. - E voi come lo sapete? - Io ho le orecchie grandi, e chi lo vuole sapere lo sa …
Non c’era emozione nelle sue parole ma un tono distante e quasi sfinito. Gli diede il nome gli disse di andare a cercarlo, in quei giorni era in licenza e l’avrebbe trovato con facilità. Ma che mi vuole dire? – Non mi fare domande, Jano e corri.
Sebastiano risalì al suo paese mordendo i pedali meglio di Coppi sotto un sole rovente. Bussò e trovò quell’uomo in casa con sua moglie e le due bambine che giocavano sul pavimento. – Voi mi conoscete e avete qualcosa da dirmi. – Sebastiano Gallo, che ci fate qua? – Che dovete dirmi? – Non posso parlare, - disse l’uomo con aria imbarazzata. – Che dovete dirmi? - –Non posso dirvi niente.  – Da qui non mi muovo finché non parlate, è chiaro? – urlò Sebastiano fuori di sé.
Le bambine lasciarono i giochi e si rifugiarono dietro le gambe della loro mamma. L’uomo non si scompose: - Io sempre l’ho pensato che vostro padre non era un assassino. – Non fate tanti giri. Che dovete dirmi? – Per ora è meglio … - Che dovete dirmi? Sebastiano urlò più di prima. – Se giurate che non m’avete mai visto né sentito … - Non vi conosco, ve lo giuro che non vi conosco. – Andate alla caserma di Santa Croce … Chiedete di farvi vedere il verbale datato 23 luglio scorso … il verbale d’un incidente tra un camion e una mula … - E dunque? – Ci troverete una sorpresa. – Quale sorpresa? –Vedete … Io non v’ho detto niente, il mio nome cancellatevelo dalla testa, m’arraccumannu.
Sebastiano Gallo chiamò al telefono Asciolla, che lo raggiunse verso le due. Tagliarono per Rosolini, Pozzallo, Donnalucata, Marina di Ragusa e dopo due ore di tornanti, salite, di scese, curve e strettoie, entrarono a Santa Croce e si fermarono davanti alla caserma, circondata da bei palazzetti decorati. Non impiegarono più di dieci minuti a convincere il brigadiere di guardia, sollevando una nebulosa di ragioni astratte, a mostrare quel documento e nel documento trovarono una testimonianza richiesta dal carrettiere Giambattista Bellassai e firmata da Paolo Gallo. Questo Gallo dichiarava che alle sei del mattino del 5 luglio, camminando sulla provinciale che portava a Comiso, aveva casualmente assistito a un incidente, accaduto a una cinquantina di metri di distanza: «Giunto nella salita del ponte petraro, a circa un chilometro e mezzo dal paese, un autocarro agricolo che procedeva in senso inverso urtava, non so per quale motivo, contro un carro, tanto che il mulo veniva proiettato alcuni metri verso Santa Croce e lo stesso carro girava su se stesso e le aste si trovarono rivolte pure verso il paese …».
Se si trattava proprio del Sacchiteddu, le generalità erano leggermente falsate, perché quel testimone diceva di essere nato a Modica e non a Palazzolo e di essere figlio del fu Giovanni anziché del fu Sebastiano. Se era lui, evidentemente nessuno gli chiese di mostrare la carta d’identità. Tra i documenti che da giorni Asciolla portava sempre con sé chiusi in una cartella c’erano, oltre a un paio di fotografie giovanili del Gallo, alle sentenze dei tre processi e ad alcuni certificati anagrafici, anche due vecchi atti di locazione che recavano la sua firma. Gli bastò fare un confronto con quella sottoscritta nella testimonianza resa ai carabinieri. Erano identiche. Poteva essere la firma di un fantasma?”.
(Paolo Di Stefano, Giallo d’Avola, Sellerio, Palermo, 2013, p. 267-270, € 14). 


Contrada Cappellani, dove si svolsero i fatti, ora sede dell'agriturismo Avola Antica

Contrada Cappellani, Avola Antica

Contrada Cappellani, Avola Antica


Un siciliano è intriso di una strana commistione fra un intenso realismo, la ferocia stessa del rapporto che ha l’uomo con la terra, con la sua stessa esistenza e il rapporto fra egli e gli altri uomini, quell’alone di tragedia che lo segue come un’ombra, e il senso intenso della paradossalità della vita.
Del primo aspetto trovate copiose tracce in Giovanni Verga, in tutte le sue novelle, nei suoi romanzi, in ogni sua opera, dove con scarne parole ci raffigura un personaggio, il suo ambiente, il ferreo, deterministico e ineluttabile cingolo di rapporti che egli ha con l’ambiente in cui vive, le essenziali leggi di natura a cui il tutto soggiace e che trascineranno tutti i personaggi al loro tragico destino.
Abbiamo come l’impressione di osservare le nervature di una foglia, i fili onirici che tessono un sogno, i microscopici e impalpabili batuffoli di cotone della nebbia, le venature del vetro soffiato, i reticoli del platino, i cristalli del ghiaccio, le leggi che regolano la sospensione, l’aggregazione, la dispersione e la nebulizzazione dei liquidi e dei gas.





È come trovarsi di fronte ad un quadro di Van Gogh, che con la sua pennellata densa, morbida e plastica quasi ti avvolge e ti inserisce nel mondo che vuole raccontarti e dove un albero è un albero, le stelle sono stelle, il fiume è il fiume, il vento vento,  l’acqua acqua, le nuvole, il grano, un letto un paio di zoccoli, il ponte di Langlois, i girasoli, Vincent, …, sono semplicemente nuvole, grano, letto, zoccoli, ponte di Langlois, girasoli, Vincent … ma non ti accorgi che ci sei anche tu, che guardi il quadro con gli stessi occhi incantati del suo autore quando guardava ciò che avrebbe ritratto, e da questo nasce tutta la poesia della sua pittura e tutta la poesia delle novelle di Verga.
È una poesia che nasce dalle cose stesse, dai fatti, dagli accadimenti, che attraversa il cuore e la mente e si fa parola, narrazione, racconto, senso del vivere personale e collettivo; leggete il dialogo fra Alfio e Mena de I Malavoglia o le accorata parole che Bianca Trao rivolge al baronello Rubiera, suo amante, nel Mastro don Gesualdo, o l’intenso lampeggiare di gesti ferini e parole belluine de La lupa, che accende il dramma di una madre innamorata dell’uomo della figlia, per capire come il sentimento, la poesia e il dramma in Verga sorgano da pochissime, dense e stringate cose che l’autore seleziona.
Il paradosso, invece, predomina nelle opere di Pirandello dove ogni cosa, dagli oggetti concreti fino alle parole grandi come verità, natura, soggetto, uomo, onestà, dignità, integrità, amore, amicizia, fedeltà, …, si rarefanno fino a disperdersi, fino a perdere ogni contorno, ogni potere di definizione e rimaniamo appesi all’inconsistenza di ciò che volevamo rappresentare, di ciò che all’inizio ci sembrava solido, adamantino, ma man mano che andiamo a toccare ognuna di queste cose ne scopriamo prima uno spostamento che sembra durare in eterno, quasi che le cose stesse che vogliamo indagare si spostino un po’ più in là ogni qualvolta noi crediamo di avvicinarci a loro.





Poi, se siamo fortunati, ne avvertiamo il senso di inconsistenza, come se stessimo inseguendo fantasmi, fantasmi noi stessi … da qui l’acuto senso del paradosso; cosa ci facciamo col paradosso? Se siamo particolarmente dotati ci scriviamo pièce teatrali, come fece Pirandello, oppure viriamo verso il cinismo, o ancora ci iscriviamo a Dianetics, o frequentiamo i testimoni di Geova, o gli Avventisti del Settimo giorno, o le nostre meccaniche cerebrali si inceppano nella follia, o scopriamo il disincanto, o ci facciamo una grande, immensa risata … o cominciamo a vivere davvero.
Sembrano due aspetti totalmente opposti e contraddittori fra loro a prima vista questo estremo realismo fino alla cruenza e la paradossalità della vita, eppure sono inscindibili, non può esistere l’uno senza l’altro; prendete l’estremo naturalismo di Verga, la sua presunta scientificità nella descrizione di fatti e persone, la sua presunta neutralità che trova il corrispettivo nel procedimento scientifico positivista, come potrebbe reggersi senza narrare accadimenti paradossali?
Come ve lo spiegate se non con un paradosso il fatto che i Malavoglia, da sempre contadini e marinai, si avventurano a far commercio di lupini via mare; che ne sapevano i Malavoglia di commercio? E come ve lo spiegate che un mastro d’opera fina come Gesualdo Motta si impelaghi nel matrimonio con donna Bianca Trao, una nobile il cui antico casato discendeva nientemeno che dagli hidalgos spagnoli che occuparono l’isola al seguito di Pietro d’Aragona, un uomo così accorto per ciò che riguarda il fare e conservare la “roba”, che diventa così sprovveduto quando gli propongono questo matrimonio?
Basterebbe anche la sola descrizione fisica di Gesualdo e di Bianca, le prima parole che pronunciano nel romanzo, la descrizione che Verga fa dei rispettivi ambienti, e le interazioni che hanno loro due e i loro rispettivi mondi di appartenenza, improntati all’indifferenza reciproca, all’imbarazzo di non avere un codice condiviso di comportamento, di non sapere cosa l’altro pensa, come reagirebbe, come comportarsi, e il limitarsi ad un triste scambio in cui lei sposa l’onorabilità e il denaro, mentre lui sposa, o crede di sposare, la sua elevazione sociale e il rispetto negli ambienti di elite, quelli che contano, quelli che comandano, quelli che vengono riveriti.





E la famiglia Trao? Quale paradosso vive in quella nobiltà vissuta senza averne i mezzi? Come si può essere nobili senza lo sfarzo, l’eccesso, lo spreco, il futile e il superfluo? Come si può vivere in una catapecchia, indossare vecchie palandrane lise ed unte, o un abitino di lanetta e continuare a credere di appartenere alla schiera degli eletti, dei chiamati e dei privilegiati? Sono nobili per nascita, per censo, per alterigia, per prosopopea, perché hanno l’orgoglio della loro casta, ma vivono sostanzialmente da pezzenti.
Non è certo da meno mastro don Gesualdo, il cui paradosso è già nel doppio titolo che accompagna il suo nome: il mastro è in genere un artigiano, nel suo caso un abile muratore, un capomastro, mentre don indica una posizione preminente, altolocata, un possidente, una persona colta, un nobile o una persona di qualche importanza all’interno di una comunità, come un prete ad esempio.
E non è vero che Gesualdo vive il paradosso esattamente contrario rispetto a Bianca, Diego e Ferdinando Trao? Non è vero che anche lui, pur potendo, vive come un pezzente?
A ben guardare troviamo elementi di realismo, di tutta la ferocia con cui la vita si accanisce sui personaggi solcandoli di dolore e di angoscia, tutta la tragedia della vita, anche in Pirandello, quando il paradosso che costruisce le sue architetture narrative esplode e ciascuno rimane col suo stupore, col disincanto, passando rapidamente dall’illusione alla disillusione, dal cielo alla polvere, dal tutto al niente.
La poesia in Pirandello è intessuta, come i fili d’oro, le perle, le pietre preziose, che ornavano i vestiti rinascimentali, tutta nel dipanarsi del paradosso, nel suo costruirsi intorno ai personaggi, nel suo creare fatti, vicende e sentimenti: è una poesia che nasce nella mente e si trascrive nel cuore e nel corpo.





Questa alternanza è un retaggio degli antichi greci, disarticolate l’Edipo re (ma anche una qualsiasi delle opere tragiche) e troverete paradossi a non finire, a cominciare dal fatto che Edipo per non uccidere colui che crede sue padre e per non essere costretto a giacersi con colei che credeva sua madre, si incammina verso la città in cui vivono e regnano i suoi veri genitori.
È paradossale che Edipo sia al contempo marito e figlio di sua madre, che i suoi figli gli siano figli e fratelli, che il cognato Creonte gli sia anche zio, ma l’aspetto più paradossale di tutta la vicenda è che Edipo sia ritenuto il più sapiente degli uomini perché ha risposto correttamente al quesito della sfinge, mentre è in realtà l’uomo che più ignora tutto di sé stesso, ignora a quale assurdità l’ha condotto il suo destino.
Solo con molta fatica Edipo dipanerà l’intreccio di eventi che lo riguarda e scoprirà cosa ne è stato della sua vita, che razza di uomo è diventato, scoprirà che egli che si credeva il più fortunato, il più privilegiato, il prediletto dagli dei, il più sapiente, è in realtà il più disgraziato; solo allora Edipo scoprirà cos’è un uomo, scoprirà che questo è il destino dell’essere uomo, all’inizio stenti persino a stare in piedi, quindi alzi la tua schiena, cammini dritto, guardi il cielo e ti credi simile ad un dio, invincibile, immortale e col mondo fra le tue mani, infine le vicende della vita, i dolori, l’età e la morte  ti piegano come un giunco e necessiti di un sostegno i legno per sostenerti, sia esso un bastone o la cassa che conterrà le tue spoglie dopo il tuo trapasso e che ti restituisce un minimo di decoro quando il tuo corpo non è più in vita.
L’aveva colto bene Friedrich Nietzsche fin da subito, a soli ventotto anni scrive La nascita della tragedia in cui sostiene che la forma di opera più sublime della cultura dell’occidente sorge da due stati d’animo che si incontrano, da due diverse aspirazioni, da due diversi modi di sentire, lo spirito apollineo e quello dionisiaco, dalla limpidezza solare, abbagliante del responso dell’oracolo di Apollo, della Pizia o della Sibilla o dall’ebbrezza ritmica del ditirambo in onore di Dioniso.






Solo in questa terra, la Sicilia, permeata di cultura greca, che ha prodotto molta di questa cultura, che ne ha ospitato spesso il mito, poteva nascere una vicenda come quella che racconta Paolo Di Stefano, solo in questa terra potevano nascere uomini come Paolo, Salvatore e Sebastiano Gallo, Cristina Giannone, Venerina Costa detta ‘a Masudda e tutti coloro che per parentela, conoscenza, vicinanza, vicissitudini, si trovarono ad avere un qualche ruolo.
Solo qui era naturale credere che un fratello potesse uccidere il proprio fratello freddamente e barbaramente, con premeditazione, colpendolo ripetutamente con un sasso alla testa, con l’aiuto del proprio figlio maggiore e di ignoti complici che ne trafugano e nascondono il cadavere, complici che sarebbero individuati nei futuri cognati (conosciuti soltanto da poco).
Solo qui, in alternativa, si poteva ritenere che un fratello morto fosse in realtà scomparso lasciando pesanti indizi di accusa contro il proprio fratello che viene accusato di omicidio proprio dalla cognata, agitando le minacce che questo fratello aveva pronunciato e le liti continue che avvenivano, per vendicarsi del fratello prepotente che perpetuava nei suoi confronti soprusi e angherie.
Sorge anche l’ipotesi di una complicità fra il presunto omicida e la cognata, perché? Perché i due avrebbero una tresca che durava da anni alle spalle della vittima, fino al punto che quest’ultimo era per loro diventato ormai un intralcio. Come può sorgere una simile ipotesi, come può essere sostenuta, come può apparire plausibile? È facile in una terra in cui non si fanno le rivoluzioni per fame (di cibo o di libertà), ma per l’onore di una donna (vedi i Vespri Siciliani), in cui ci si è nutriti per secoli con le vicende narrate dai cantastorie e dai pupari delle Chansons de geste, con i romanzi cortesi tradotti per il volgo, dove combattevano Orlando e Rinaldo, per l’amore di Angelica, dove sorge la cavalleria rusticana e ogni compare Alfio necessita di un compare Turiddu (oggi, purtroppo, Orlando, Rinaldo, Alfio e Turiddu si sono degradati in Ridge e Thorne di Beautiful o in son so più chi diavolo sia in voga adesso), ogni Santuzza di una Lola, ciascuno di un rivale su cui prevalere e questo prevalere vale più della conquista e il partner non è l’essere amato ma la posta in palio e ogni corteggiamento diventa un’opera dei pupi e talvolta finisce in tragedia perché il sangue è altamente infiammabile, ma la vera tragedia è quando sfocia in “lieto fine”.





Solo in questi posti un morto ammazzato poteva vivere, lavorare, essere visto, salutato come se la cosa fosse del tutto naturale, creando di fatto gli scenari di realtà possibile in cui esiste la verità giudiziaria insieme a tutte le possibili macchinazioni di cui era capace l’immaginario collettivo.
Volano le ipotesi più fantasiose, il morto non è morto, viene visto molte volte in molti posti, c’è chi pensa che sia fuggito all’estero, forse ospite da qualcuno dei suoi due fratelli emigrati anni prima, chi ci vede soltanto una fuga dal fratello prepotente e dalla moglie tirannica e dominatrice, chi una uscita dai problemi e dalle responsabilità.
Chi pensava semplicemente a uno stato di coscienza crepuscolare, insito nel carattere della vittima o in seguito ad un trauma psichico come l’aggressione del proprio fratello, che gli aveva fatto perdere del tutto o in parte la memoria e che faceva si che il pover’uomo vagasse per il mondo conducendo un’altra vita, senza ricordarsi della casa, degli affetti, del fatto che suo fratello stava scontando l’ergastolo per il suo omicidio … non si era già in passato allontanato da casa per giorni, senza motivo, incurante che fossero tutti preoccupati per lui e non è questa quasi la trama del fu Mattia Pascal?








E come fu possibile che numerosi cittadini di Avola, di Palazzolo, di Testa dell’Acqua e  di vari altri paesi nel territorio fra Siracusa e Ragusa avvistassero, salutassero, si intrattenessero col morto, gli affittassero abitazioni, gli dessero lavoro ... ad un morto, ad un fantasma, ad uno che non avrebbe dovuto esistere ... con assoluta naturalezza, senza avvisare l’autorità giudiziaria, o i parenti … più che di un Verga, di un Pirandello, di un Sofocle, ci vorrebbe un Andrea Camilleri per raccontarlo, in un dialogo come questo:

“«Ah dottori dottori!» si lamentiò Catarella appena Montalbano trasì in commissariato. «Che fu?». «Tutto l’archivio mi passai, dottori. La vista mi persi, l’occhi mi fanno pupi pupi. Non c’è altrui che è assimigliante di simiglianza al morto natante. L’unico fu Errera. Dottori, non è possibile la possibilità che è propriamenti Errera?». «Catarè, ma se da Cosenza ci hanno detto che Errera è morto e sepolto!». «Va beni, dottori, ma non è possibili che il morto addivintò vivendi e appresso morse nuovamenti addivintando natante?»”.
(Andrea Camilleri, Il giro di boa, Sellerio, Palermo, 2003, p. 133, € 10).

Ci ha provato a raccontarlo Paolo Di Stefano e ci è riuscito, a mio parere, molto bene. E così chiudo questo lungo post perché anche a me l’occhi mi fanno pupi pupi.